Dopo Provenzano

Le spigolature da La Nazione di oggi:

«Partenza, mai dato indicazioni di danneggiare la Pantera» La versione di Betti (Civetta). Ma Ghelardi chiede un confronto
UTILE GIRARCI intorno: i panterini sono perplessi per quella mossa, data dal loro «pupillo» Andrea Mari che montava su Marrocula nella Civetta. Il motivo? Trecciolino su Miguel, quando il fantino è entrato, si trovava in seconda fila. Penalizzato, dunque. E il mossiere Bartolo Ambrosione non ha ritenuto di annullarla raggiungendo così il record del «pronti-via»: circa 7 minuti. Il tam tam in Stalloreggi, ieri mattina, rilanciava la notizia di un possibile incontro fra dirigenza della Pantera e civettina. Argomento, proprio le fasi della partenza. «Stiamo valutando la possibilità di aprire un confronto sereno e costruttivo con la Contrada alleata — osserva il capitano Franco Ghelardi — per approfondire, eventualmente, certe dinamiche che si evidenziano dalla lettura della mossa». Viene naturale chiedere: anche in previsione dell’impostazione della Carriera dell’Assunta che vede Stalloreggi sul tufo di diritto? «Anche in funzione dei rapporti che si creano all’interno di un Palio rispetto anche ai passi futuri. Il Palio non è mai fine a se stesso, ci sono infatti sinergie— dice — che devono essere verificate alla prova dei fatti». Non intende certo fare polemica ma ritorna sulla partenza per evidenziare: «La mossa è legittima, per carità. Non mi aspettavo certo un trattamento particolare però neppure che fosse così. Mi lascia solo perplesso la condizione nella quale era la Pantera al momento in cui è entrata la rincorsa. Non esprimo giudizi, lo ripeto, resta comunque la perplessità». Un accenno a Miguel, il barbero che gli è toccato in sorte: «Sulle caratteristiche fondamentali relative al cavallo da Palio deve ancora crescere. Credo che noi abbiamo montato il primo fantino su un cavallo che, oggettivamente, poteva chiamare una monta di tutt’altro livello. Scelta che, tornando indietro, rifarei anche perché il Palio è fatto di costruzioni».
«MI DISPIACE tantissimo per la Contrada della Pantera — ribatte il capitano civettino Paolo Betti —; il Castellare non aveva la minima intenzione di danneggiare nessuno, tantomeno un’alleata e amica come la Pantera. La dinamica della mossa l’ha spiegata bene il nostro fantino: ha tentato di far partire tutti cercando anche l’attimo giusto per lui e per provare ad infilarsi. Mai dato alcuna indicazione di danneggiare qualcuno, lo ripeto, tantomeno la Pantera dove ho peraltro abitato per 10 anni. L’ultima cosa che mi sarebbe venuta in mente». Conclude Betti: «Per me è finita qui. A volte capita di restare al canape».
La.Valde.
STORIE DI CAVALLI

Elfo di Montalbo, addio alla Piazza «E’ stata la sua ultima Carriera»
UN MIX di rammarico e delusione le parole di Francesca Manfredi, proprietaria di Elfo. Il suo cavallo è rientrato in ottima forma dopo il Palio di luglio, solamente con un piccolo problemino all’unghia, derivante dall’urto con il cavallo della Civetta nell’impostazione del primo Casato. Come ci confida la stessa proprietaria, però, per il barbero di 11 anni andato in sorte alla Lupa, il Palio potrebbe essere stato l’ultimo della carriera: «Credo che non lo riporterò. Avevo detto che poteva essere l’ultimo Palio, una sorta di scommessa, così è giusto che sia. Mi dispiace tanto perché è un cavallo eccezionale ma che non ha avuto molta fortuna visto che si sarebbe meritato di vincere. Però il fatto di averlo sempre riportato a casa e di vederlo galoppare nel prato, mi dà tantissima soddisfazione. Rimane un po’ di rammarico per come sono andate le cose, soprattutto negli ultimi anni, però alla fine sono contenta perché per me, che sono grande appassionata di cavalli, il mio Elfo è come un bimbo». Prosegue: «Si fa male a giudicare. Ancora non ho parlato con Vittorio e prima di dare un giudizio voglio parlare con lui, per capire se ha avuto qualche problema lui o il cavallo. Ci sono stati problemi alla mossa e poi ha dovuto fare i conti con l’Istrice che ha cercato di ostacolarlo. Comunque ho fiducia in Gianluca, che ha sempre lavorato alla grande con Elfo. In Piazza, però, ha fatto tutto il contrario di quello che gli ho sempre visto fare con i miei occhi in allenamento. Mi dispiace, ma è andata così». Altre interviste sui cavalli del Palio di luglio su http://www.lanazione.it/siena 
Gabriele Voltolini

L’INTERVENTO

IL SOCCORSO ai fantini è stato portato al centro dell’attenzione a causa delle diverse cadute che si sono verificate durante le prove e la corsa. Va innanzitutto chiarito che in un contesto di pericolo evolutivo imminente (non sono previste interruzioni) è difficile applicare le ordinarie tecniche di soccorso dedicate al paziente politraumatizzato, per cui operiamo con manovre “d’emergenza” che garantiscano la maggiore immobilità possibile all’infortunato. L’esiguità dei secondi a disposizione, dove devi decidere se intervenire o purtroppo lasciare passare i cavalli, ci porta ad avere come obiettivo primario nel soccorso la salvaguardia della vita del fantino da ulteriori e più gravi danni che potrebbero derivare da un successivo passaggio dei cavalli. Ritengo comunque opportuno precisare che il nostro operato durante tutte le fasi del Palio si attiene scrupolosamente ad un protocollo condiviso con Comune e 118 di Siena. In quei pochi secondi la priorità va data all’immobilizzazione della colonna vertebrale realizzando per quanto possibile il posizionamento dell’infortunato sulla ’spinale’. Le altre problematiche, a causa dei tempi strettissimi di intervento, devono essere poste in secondo piano. Questa è l’unica filosofia di soccorso applicabile. I soccorritori volontari della Misericordia che avete visto in azione durante la corsa sono gli stessi che intervengono su incidenti stradali ed emergenze di ogni tipo, mettendo “in sicurezza” il luogo dell’evento e trattando in modo completo l’infortunato. Ciò durante il Palio non si può fare.
I frequenti attacchi al nostro operato fanno solo male alla Festa. Tutto questo lo dico da Contradaiolo e da Senese. I nostri soccorritori cercano di dare il massimo ed in maniera gratuita come le altre Associazioni in quei momenti difficilmente gestibili. Criticarne l’operato significa dare voce a tutti coloro che non percepiscono il significato vero della nostra Festa, già sottoposta da tempo ad attacchi mediatici. Doveroso ringraziare il 118 di Siena, Comune e Magistrato delle Contrade per l’attenzione che hanno rivolto nei confronti dei problemi del soccorso durante il Palio e i Guardia Fantino per la fondamentale collaborazione.
* direttore sanitario della Misericordia

«Mi dispiace per la Contrada Non meritava una mossa così»
Trecciolino: «I cavalli scambiano le protezioni al colonnino per una zona d’ombra»
 LAURA VALDESI
Trecciolino, hai corso l’ultimo Palio nella Pantera: il tuo capitano ha detto che la mossa poteva anche essere falsa.
«Sicuramente ero messo male, fuori dalla mossa. Sicuramente ho sbagliato perché mi sono fatto trovare in quella posizione. Molto probabilmente ho effettuato valutazioni errate, mi assumo la responsabilità. Mi dispiace per la Contrada e la dirigenza, che non si meritava una mossa di questo tipo».
E quando sono partiti?
«Gli sono andato dietro, d’istinto. Mi aspettavo lo scoppio del mortaretto ma ho proseguito la corsa perché nel Palio, i fatti lo dimostrano, non si sa mai».
Ti attendevi una mossa in 7 minuti?
«Era nell’aria, sembrava che anche Andrea avesse questa volontà».
Com’è stata la tua corsa?
«Di sicuro non ho potuto fare cose brillanti. I Palii da dietro li puoi anche vincere ma solo se trovi la strada pulita. Basta un intoppo o due ed è finita. Subito dopo la mossa l’Istrice è andata a prendere la Lupa, mi sono incrociato con Bighino. E poi una serie di situazioni che mi hanno condizionato. Potevo onorare ancora di più il giubbetto della Pantera».
La corsa di Tittia?
«Bravo a impostare San Martino, ero dietro a lui. Naturalmente poi nel Palio conta anche la fortuna».
Miguel era un cavallo esordiente della tua scuderia. C’è un po’ di polemica sui troppi inserimenti nuovi.
«Ha pagato lo scotto del primo Palio, quanto ai debuttanti uno di loro ha vinto. Magari Ivanov, Mississippi vantano un curriculum più lungo di corse in provincia rispetto a Miguel che ha lavorato più in ippodromo. Un po’ ’verdone’ quanto ad esperienza, insomma, rispetto ad altri. Tuttavia ha superato Lo Specialista, è arrivato dietro a Indianos. Da riprendere in considerazione».
Solo quattro fantini sono rimasti a cavallo, fra cui Trecciolino.
«Qualcuno ha trovato degli intoppi, ci sta durante il Palio di andare in terra».
Questo Provenzano sarà ricordato anche perché tre cavalli sono andati a sbattere contro il colonnino, sia a San Martino che al Casato.
«Qualcosa che non torna c’è. La mia idea è che il nuovo cuscinetto di cuoio, che tocca terra formando un tutt’uno con il tufo, dia agli animali la sensazione di una zona d’ombra. Già il cavallo tende a tagliare di suo…. Anche a Tittia, gli ha girato davanti il cavallo dell’Istrice e Mississippi gli è andato dietro. Qualcosa lo ripeto, c’è perché se un cavallo lo vuoi buttare contro un muro non ci va. Non lo riconoscono come ostacolo ma come un posto dove passare».
La soluzione?
«Bisogna fare in modo che leggano un ostacolo, una cosa che va evitata».
Ti aspettavi una prestazione così da Mississippi?
«Il cavallo era a posto, il fatto di saltare la prova generale l’ha aiutato e la mattina della provaccia era perbene. Poteva vincere in un lotto come quello di luglio».
Tittia, Gingillo e Brio sono a quota 2 Palii: chi è il tuo erede?
«Qualcuno per forza! Sono affezionato a Giovanni e Giuseppe perché li ho avuti a scuderia, mi fa piacere che vincano. Vuol dire che qualcosa di buono gli ho insegnato e loro hanno imparato».
Rivedremo ad agosto alcuni cavalli nuovi?
«Siamo abituati a bruciare troppo le tappe sia in positivo che in negativo».
Pensiamo già ad agosto: le tue Contrade?
«Lupa, Chiocciola e Aquila sono giubbetti preclusi, nelle altre (Istrice, Torre, Leocorno e Pantera, ndr) ho la porta aperta».
Come ti sei trovato in Pantera?
«Benissimo, sono molto uniti. E c’è armonia».
Istriceddu, Fedora e Giostreddu ci saranno ad agosto? Tutti dicono che decide Trecciolino.
«Diamine, c’ero io a votare! Mi sembra che nella scelta il peso specifico l’abbiamo avuto Contrade non vicine a me ma lontane».
Un pensiero per la Chiocciola?
«Mi auguro che non succeda a nessun fantino e a nessun capitano quanto avvenuto, per il bene di tutti e della Festa. Neppure al peggior nemico augurerei mai del male».
Il cap con i colori della Contrada è meglio usarlo anche nelle prove visto l’infortunio a Sgaibarre?
«E’ consentito. Forse se uno fa la prova a due all’ora non serve, ma se uno decide di rombare magari sì. Prima il corpetto era facoltativo, adesso lo portano un po’ tutti».
OCA IN FESTA E-MAIL DELLA CANTANTE INVIATA IERI A FONTEBRANDA. CORTEO, SI PENSA ALL’UNITA’ D’ITALIA E A SFOTTO’ PER COSTA

La felicità di Gianna: «Grande corsa, è impazzita anche Penelope»
«VIVA L’OCA. Grande Palio che ho visto con Penelope, è impazzita anche lei. Esulto con voi di gioia, ci vediamo al battesimo in Fontebranda. S’è sempre comandato e sempre si comanda. Gianna Nannini e Penelope». Ecco la mail che la cantante senese e ocaiola ha mandato alla sua Contrada ieri mattina, alle 8,34. Fontebranda intanto pensa al corteo della vittoria che sarà tradizionale e animato dai giovani, dove si spazierà dall’Unità d’Italia agli sfottò al proprietario del cavallo Mississippi, Osvaldo Costa, che è torraiolo. «Mi sento ancora un po’ stupito e frastornato – commenta invece il bergamasco don Pier Luigi Colleoni, solo da tre giorni correttore della Nobile Contrada dell’Oca -, tutto quello che succede qui va vissuto in prima persona per essere assorbito e capito al meglio, altrimenti si creano equivoci come quelli che si leggono sulla stampa in questi giorni». Giovane, pacato, molto felice dell’esperienza che lo sta coinvolgendo, don Colleoni sabato 2 luglio ha fatto la sua prima benedizione in Contrada. «E’ successo tutto molto in fretta, io sono venuto in Toscana da Bergamo, nel 1997, come parroco delle Grazie a Colle Val d’Elsa. Anche se molto vicino, vivere a Colle non è come vivere a Siena e del Palio certo ne sentivo parlare, ma non mi coinvolgeva più di tanto. Poco tempo fa sono stato contattato per affiancare il correttore “storico” don Enrico e ho accettato con entusiasmo, ma mai avrei pensato di venir risucchiato in un vortice di emozioni come questo». I bergamaschi sono famosi per avere un carattere spigoloso e molto riservato. «Infatti, per certi aspetti anche qui la gente ha un carattere molto riservato, ma le emozioni le esternate, le condividete. Davvero è stata un’esperienza unica fare la benedizione del cavallo e del fantino. Poi sono stato con i contradaioli a lungo ho parlato con loro, ho incontrato moltissimi giovani. Tutti mi stringevano la mano, sento che potrò dare molto a questa Contrada». Come è stato il rapporto con il fantino, con Giovanni Atzeni . «Non lo conosco bene, quello che dico si basa solo su sensazioni, mi sembra comunque un uomo molto spirituale, sinceramente spirituale. Quando ci siamo ritrovati in Provenzano e ho detto “vieni inginocchiamoci vicini”, è venuto subito, si è segnato ed è rimasto in silenzio in raccoglimento,mentre tutti lo cercavano e lo chiamavano, lui era concentrato nella preghiera, un’immagine bellissima. Ecco direi che è un timido non timido, uno riservato comunque, ma che è rimasto concentrato con la sua voglia di ringraziare Dio, nonostante il caos più totale del dopo Palio».
Elena Conti

La Festa continua in Fontebranda

Le spigolature di oggi da La Nazione:
 

Il risveglio tricolore della città al suono dei tamburi
I contradaioli dell’Oca con Mississippi rendono omaggio ai defunti . Domenica prossima il corteo per celebrare il trionfo
 
LA CITTA’ è diventata tricolore, ieri, per il giro della vittoria dell’Oca. 
Centocinquanta i monturati, nel giorno divertente in cui possono fare uno strappo alla regola e giocare con occhiali da sole, ciucci e altro. Un risveglio grandioso per tutti gli ocaioli: dopo la notte che ha visto la bandiera di Fontebranda affacciata a Palazzo pubblico, nella Piazza ancora illuminata a festa, il giorno dopo è quello della consapevolezza e del totale godimento del trionfo. Portando a spasso Mississippi, in compagnia di Tittia. Ieri, oltre ad avere – come da tradizione – gli zoccoli dipinti d’oro – il cavallo indossava il cappello bianco del barberesco, circondato dagli uomini di quella stalla che ieri sera tutti hanno definito un «capolavoro». Gli uomini e l’animale che pareva come loro, giocava e andava da solo come fosse un gattino (di diversi quintali..). 
Ieri Mississippi è stato portato anche a rendere omaggio ai defunti, con il popolo e la dirgenza, ai cimiteri del Laterino e della Misericordia, «a salutare Giulio, Foffo e tutti gli altri ocaioli che non ci sono più» ha raccontato il vicario generale Enrico Toti. Che spiega anche come il suo risveglio sia stato particolare: «Ho dormito due ore e alle sei e mezzo del mattino ho svegliato tutti, dal governatore al capitano, dicendo: s’è vinto il Palio!» Ieri sera il rientro naturalmente con fantino e cavallo, poi la Contrada «ricca di giovani che hanno attinto ai valori fondanti e fondamentali di Fontebranda» ha detto ancora Toti, penserà al corteo che ci sarà domenica prossima prima dell’estrazione per il Palio di agosto. Non si conosce ancora il tema, se non quello di «fontebranda che impazzisce di felicità e che con entusiasmo e consapevolezza si riprende i suoi ritmi, la cadenza delle sue vittorie» ha concluso Toti. Accanto a lui il capitano Marco Bartali, cui era stato ricordato l’agosto del 2008 a parti invertite: «In realtà – aveva risposto lui – io lì avevo fatto un palio in difesa, la Torre aveva Già del Menhir ed è stata per fortuna l’unica volta che il cavallo non ha vinto, vinse il Bruco».
Katiuscia Vaselli

 
 
 
DRAMMATICA TESTIMONIANZA DI GINGILLO DOMANI L’OPERAZIONE
«Sono stato travolto da più cavalli Dolore terribile, addio all’Assunta»


di LAURA VALDESI
I CELLULARI chiusi dentro il cassetto del comodino. «Non ho voglia di rispondere, squillano in continuazione, sennò dovrei stare tutto il giorno al telefono», dice Gingillo. Lo spasimo per la frattura viene placato dagli antidolorifici in attesa dell’intervento al femore a cui il fantino sarà sottoposto domani. «Ci penserà il dottor Roberto Coppini — spiega mamma Zedde seduta in fondo al letto — anche quando si ruppe il malleolo fu bravissimo. Abbiamo preso uno spavento, guardavamo il Palio a casa, siamo corsi subito alle Scotte». E da qui Gingillo è stato trasferito sabato sera a Campostaggia. Stanza numero 18. Con il fantino del Bruco qualche amico con il quale parlare per sbollire il dispiacere. «Il Palio non l’ho ancora rivisto. Ora mi è passata la rabbia, tanto non ci posso fare nulla. Ma ci sta che quando rivedrò le immagini sarò furioso. Bastava girare al Casato, avrei vinto. Io e il barbaresco avevamo fatto il voto, in caso di successo, di tosarci a zero i capelli», racconta il fantino. La gamba sinistra in trazione, abrasioni al braccio destro. Indolenzito. 
Ti aspettavi una mossa veloce? Sette minuti. 
«Diciamo che lo sentivo, era nell’aria, vedendo la rincorsa pronta e vicina al verrocchino». 
Ti piaceva Lampante?
«Me la sentivo meglio che nelle prove. Con lei si parte sempre e, anche se è una femmina, ha struttura da maschio. Ecco, semmai, le prove non sono state molte. Avrebbero aiutato tutte le accoppiate».
Cosa è accaduto al Casato?
«Mi sono girato e ho visto che c’era il vuoto. Non ho spinto, impostando la curva. E lei si è buttata. Ho pensato ’lo prendo pieno’, il colonnino naturalmente».
Hai portato via il bandierino e poi sei volato in terra: qui ti sei rotto il femore sinistro.
«No, l’ho sentito chiaramente che la gamba me l’hanno fratturata i cavalli, forse l’ultimo che è passato. Sentirsi calpestare non è stata una bella sensazione. Pigiato da… sì, erano almeno 3-4 cavalli. E poi i soccorsi…Ricordi che al Ceppo proprio a te avevo dichiarato di preferire i guardafantino. Forse avevo ragione». 
Cosa è accaduto?
«L’hanno visto tutti. Gli ho detto che mi sentivo la gamba rotta, mi hanno messo sulla barella sollevandomi l’arto. Non solo. Sono anche scivolati e ho battuto ancora mentre ero nella barella. Meno male che è andata bene. Il dolore era terribile, in ambulanza spaccavo tutto se non mi facevano la morfina».
Ti operano: il recupero?
«(Guarda mamma Zedde, ndr) Dovrò stare fermo circa 20 giorni-un mese. Poi la riabilitazione. Sarà dura, soprattutto perché è chiaro che salto l’Assunta. Avevo diverse Contrade aperte e poi c’era l’estrazione. Ero anche messo meglio». 
Ti aspettavi che Mississippi vincesse il Palio?
«Mi fa piacere perchè l’ho allenato io. Ci ho sempre creduto ma penso che debba ancora essere modellato. Ritengo che il 2 sera gli sia andato tutto bene». 
Il barbaresco dell’Oca dice che sarà il Panezio del 2000. 
«Questo, forse, è un po’ prematuro dirlo, ha da imparare».
Tittia ha vinto raggiungendo te e Brio a quota due Palii: siete voi gli eredi di Trecciolino?
«Bisogna continuare a vincere, siamo sempre sotto esame, mai rilassarsi. E’ vero che noi tre, compreso il Bartoletti, nelle corse e nei palii ci facciamo sempre trovare pronti all’appuntamento».
Quali accoppiate temevi?
«Il Drago mi piaceva, sin dalle prime prove il cavallo non ha mai dato problemi. Ma anche Valdimontone e Lupa». 
Un po’ troppi i cavalli nuovi?
«Forse sì. Però è bene provarli perché ogni tanto qualcuno delude le attese e c’è bisogno di ricambio». 
Messi era nella tua scuderia. 
«Era andato bene alla Tratta, aveva brillato un pochino meno la notte ma ci credevo tanto in quel cavallino».
Insomma, voi fantini non siete di gomma. 
«Altro che gomma! Siamo, eccome, di carne. Primo mi sono rotto il naso, poi il malleolo a Ferrara, ora quest’infortunio in Piazza».
Il capitano Falciani è venuto a trovarti?
«Ci siamo sentiti, verrà. Prima sono andato a vederlo io in ospedale, adesso lui mi rende la visita. Facciamo a turno».

 

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    BILANCI & PROBLEMI

    «I cavalli vedono l’aria e si buttano Usiamo i manichini»
    IL PALIO E’ appena corso ma è già tempo di bilanci. Perché domenica si saprà chi, insieme a Chiocciola, Lupa, Pantera e Istrice, più Aquila e Torre, sarà sul tufo per il Palio dell’Assunta. Il sindaco Franco Ceccuzzi, durante il ricevimento nell’Oca, la sera di Provenzano, ha annunciato due giorni di prove di notte anche ad agosto, mentre per il 2012 si vedrà. Chissà se prenderà in considerazione l’idea di Trecciolino (e non solo) di far galoppare prima i giovani e il giorno dopo gli esperti. A proposito di cavalli: sei nuovi sono stati troppi. Ad agosto potrebbe cambiare il vento per Istriceddu, Fedora & co. anche se, non dimentichiamolo, ha vinto un debuttante. E se Massimino è sceso in campo per difendere Sgaibarre dopo l’infortunio su Messi — «non capisco come si fa a dire nettamente che potrebbe esserci stato una responsabilità dell’uomo» —, l’argomento ora bollente sono le tre tre cadute, due per le prove e quella di Gingillo. Sono state messe protezioni di cuoio fino in fondo, in modo che arrivino al tufo, come prescritto dalle nuove regole. Ma le camicie restano vuote. «Forse i cavalli vedono l’aria lì e pensano di passarci — osserva Bastiano incontrando consensi degli addetti ai lavori — e si buttano dentro. Altrimenti si spiegano male gli infortuni con i cavalli che puntano lo steccato, invece noi finora ci si strusciava al colonnino. Sarebbe un’idea mettere manichini con i fazzoletti colorati all’interno per salvaguardare l’incolumità delle persone ma evitare che gli animali siano tratti in inganno. Non vorrei che prendano come riferimento il bandierino: perché non metterlo proprio all’angolo? Non è più di ferro, quindi meno pericoloso. Sarebbe un aiuto per cavalli e fantini perchè questi ragazzi sono meno capaci rispetto a noi. Mi riferisco ad Aceto, Cianchino, Il Pesse». A proposito di sicurezza: corsa a calare il Cencio e gente in pista. Sanzioni? 
    La.Valde.

     
     
    SIAMO davanti alla chiesa di Provenzano, il Palio è finito da nemmeno mezz’ora, vicino a noi un’anziana contradaiola piange. 
    Non è l’unica, intorno a lei l’emozione è palpabile: giovani, bambini e perfino uomini dallo sguardo duro i lasciano andare a una gioia senza freni. Tutti hanno un fazzoletto al collo: quello dell’Oca. E’ così che ci rendiamo finalmente conto di cosa significhi la Festa per i senesi. 
    Un giovane del Bruco nei giorni scorsi ci ha detto che Siena è il Palio, e il resto dell’anno, per chi è nato qui, è solo una lunga attesa. ‘Tittia’ esce dalla Chiesa, centinaia di persone cercano di abbracciarlo, o anche solo di sfiorarlo. 
    E’ un’immagine toccante e bellissima, difficile da dimenticare. Siamo arrivati nel Campo alle 16, abbiamo atteso la Carriera tutti questi giorni, non volevamo solo vederla, ma viverla davvero. In piedi, schiacciati l’uno contro l’altro, ma siamo contenti: a pochi metri dalla mossa, accanto a noi solo alcuni contradaioli. Sul tufo scorre la Passeggiata Storica e si torna indietro nel tempo, un curioso ‘medioevo moderno’, tra scintillanti armature e i flash delle macchine fotografiche. 
    Sono le sei, stacchiamo un attimo gli occhi dalla pista e ci guardiamo intorno: una marea umana ha riempito ormai la Conchiglia ma molti premono ancora per entrare. Mortaretto, i cavalli escono dall’Entrone, accolti dal boato della Piazza. Il frastuono cala, fino a diventare un silenzio surreale, man mano che i barberi si avvicinano al canape. Riuscire a sentire il rumore degli zoccoli in mezzo a migliaia di persone è straordinario, o forse siamo solo a Siena. 
    Quando partono l’emozione di un anno intero si libera in un forsennato incitamento al proprio fantino e noi, nel nostro piccolo, ci sentiamo meno ‘turisti’ di prima, e abbiamo il cuore in gola. La corsa è veloce, è difficile capire tutto, chi è caduto a San Martino? Di chi è lo ‘scosso’ che rincorre l’Oca? 
    L’Oca… ha vinto! Pochi secondi, e alcuni contradaioli col fazzoletto rosso bianco e verde già si lanciano, a braccia aperte, verso il Cencio. Prendiamo coraggio e scavalchiamo la transenna: ci avviciniamo, l’emozione è fortissima. Bandiere che sventolano, commozione e una gioia così autentica e incontrollabile da mettere quasi in soggezione. 
    E’ praticamente impossibile non farsi coinvolgere da questo clima di festa. L’Oca è tutta un corteo dietro il Palio, che viene portato in trionfo fuori dal Campo. Lì fra loro ci siamo anche noi, direzione: piazza Provenzano. La forza della Festa è tale che quasi vorremmo sfiorare il Cencio anche noi, per capire cosa si prova. Se la rispetti e vivi la sua storia in questa città non sei un ospite, ma un figlio.
    Riccardo Cavaliere
    Roberto Morelli

     
     
     
    LA LETTERA
    «Caro ministro Brambilla…»


    RICEVIAMO e pubblichiamo:
    «Sig.ra Maria Vittoria Brambilla, tutti ormai conoscono lo spiacevole incidente accaduto durante la prova e il tragico epilogo della corsa, conclusasi con la morte del “nostro” cavallo (e dico “nostro” perchè sono della Contrada della Chiocciola); una vicenda che ha sinceramente addolorato la Città e ancor di più la mia Contrada.
    Tutte le volte che leggo un suo intervento, non so mai se ridere o prenderla sul serio; tante volte ho provato a capire la ragione del suo accanimento contro la nostra festa: gelosia? , rancore?, “fervor Dei”? Ma alla fine l’unica spiegazione che mi do è quella che, forse, se non continuasse a sputare sentenze, si sentirebbe “invisibile”, come appunto mi sembra il turismo oggi (ah, dimenticavo che Lei ne è il ministro!) Lei non sa cosa sia in realtà il Palio. Possiamo passare per ridicoli o sciocchi quando piangiamo, ci disperiamo o ci azzuffiamo ma è inspiegabile quello che sentiamo dentro. Una passione, una festa che non sarà intoccabile, ma è vera ed è nostra!!! Ma chi non è di Siena non lo comprende.
    Ho riso quando Lei ha detto : “…questo non è la realtà Italiana che vogliamo far conoscere al mondo…”. E’ arrivata un po’ tardi: sono secoli che la nostra festa esiste.
    Se proprio vogliamo fare “l’animalista” non deve ignorare le realtà degli ippodromi, dei canili e allevamenti.
    Le porgo i miei saluti.

    Jacopo Marchi

    Il giorno dopo – una Carriera lampo vestita di tricolore

    Le spigolature da La Nazione di oggi:

     
    L’ORGOGLIO DI UNA STORIA
    «PER NOI prevale l’amore: per Siena, per il Palio, per la nostra contrada, per il cavallo». Parole vere, sincere. Come le emozioni, la gioia e la delusione vissute ancora una volta in Piazza. Dal popolo dell’Oca che ha vinto ed è tornato in Fontebranda con il Drappellone dipinto da Tullio Pericoli, ma anche da chi ha versato lacrime di rammarico per ciò che poteva essere e non è stato. Ma
    tutti consapevoli che è questo il Palio di Siena, di una città che, per un giorno, si divide in antiche fazioni e che, in quello stesso giorno, si ritrova nella ‘sua’ Piazza. Impossibile comprenderlo se non si ha l’umiltà di immergersi in questa realtà viva, che affonda le sue radici nelle mura, nelle pietre e nelle lastre. Storia e tradizione che, attraverso i passaggi di testimone intergenerazionali, si rinnovano continuamente. Non una storia infilata in una fredda teca, ma la la tradizione che si fa vita. E’ questa la migliore risposta agli attacchi strumentali e faziosi vomitati contro la Festa nelle ultime ore. Attacchi di chi non conosce, se non per sentito dire, per stereotipi o per compiacere, nella speranza di incassare consenso. Costoro non troveranno mai cittadinanza. Siena lo ha dimostrato ancora una volta con la Festa di ieri. Una Carriera avvincente, emozionante, disputata anche per rispetto e nel ricordo di Messi. Siena è questa. Nel passato, ora e domani.
    Buona domenica.
    tommaso.strambi [at] lanazione.net
     
    Un giro al fulmicotone, poi c’è solo l'Oca
    La mossa rapida non sorprende Atzeni protagonista di una grande corsa – Cinque cadute
    di GIULIA MAESTRINI
    ACCADE DI TUTTO, in questo Palio di Provenzano, ma ciò che conta davvero, alla fine, ciò che andrà negli annali della Festa è il trionfo indiscusso di Fontebranda. Oltre ogni aspettativa, oltre ogni dichiarazione, oltre la sfortuna che aveva portato Tittìa e Mississippi a sbattere al Casato, durante la quarta prova, tanto da far addirittura temere il peggio, oltre tutto, trionfa Fontebranda. E questo è quello che conta, per la sessantaquattresima volta nella storia di Siena. 
    La giornata inizia con gli occhi al cielo, con la provaccia rimandata alle 10, con la paura costante che la pioggia torni a disturbare la Festa, a cancellarne i ritmi, ad annacquare gli animi. Continua con il pianto dei contradaioli della Chiocciola e con l’applauso spontaneo che abbraccia la comparsa di San Marco — bandiere abbrunate e tamburo a suono cupo — all’uscita dal Cortile della Prefettura e poi lungo via del Capitano. Quando sono passate le cinque e mezzo appare chiaro che almeno il meteo, stavolta, è propizio: il sole si riaccende e il cielo si pulisce, sulla Piazza si alza un vento strano che fa tremare i contradaioli sui palchi, indossare le felpe e domandarsi cosa altro aspettarsi da questi quattro giorni folli e intensi. 
    Poi arriva il momento. I cavalli escono finalmente dall’Entrone e, stavolta, i tempi della mossa sono ottimali. Forse fin troppo rapidi, quasi da stordire i senesi stessi. Bartolo Ambrosione chiama tra i canapi Istrice (Moedi e Walter Pusceddu detto ‘Bighino’), Pantera (Miguel e Luigi Bruschelli detto ‘Trecciolino’), Bruco (Lampante e Giuseppe Zedde detto ‘Gingillo’), Valdimontone (Lo Specialista e Jonatan Bartoletti detto ‘Scompiglio’), Tartuca (Ivanov e Giosuè Carboni detto ‘Carburo’), Drago (Indianos e Alessio Migheli detto ‘Girolamo’), Oca (Mississippi e Giovanni Atzeni detto ‘Tittia’) e Lupa (Elfo di Montalbo e Gianluca Fais detto ‘Vittorio’), mentre la Civetta, con Andrea Mari detto Brio su Marrocula, resta di rincorsa. 
    E lì accade ancora qualcosa, qualcosa di mai visto: dalla conchiglia viene lanciata, tra i canapi, una bottiglietta di plastica. Con prontezza il mossiere chiama fuori i cavalli, mentre le forze dell’ordine si occupano dell’autore di questo gesto inspiegabile e assurdo. Passano quei pochi minuti che bastano affinché, al tondino, i fantini facciano i loro accordi. Si riparte; di nuovo tutti dentro, allineamento quasi perfetto, con la sola Pantera che fatica a tenere il canape e resta dietro. Brio ci pensa appena un attimo e, quando neanche la Piazza è ancora pronta davvero, la Civetta ha già fiancato. Sono pronte Montone, Drago e Bruco, la Tartuca fianca bene ma trova la via chiusa, all’esterno parte forte l’Oca e anche l’Istrice, allo steccato, trova il tempo della mossa. La Pantera resta nelle retrovie, la Civetta, dalla rincorsa, sceglie subito la strada interna, mentre Bighino, su Moedi, segue le direttive e taglia tutta la pista per aggrapparsi a Gianluca Fais, rimasto inspiegabilmente attardato, nonostante lo spunto in partenza che era stato sempre riconosciuto a Elfo. Al primo San Martino, il Bruco sfila veloce come il vento mentre Andrea Mari, scegliendo la traiettoria interna, allarga Drago e Montone e tocca i materassi; Carboni assaggia il tufo dell’esordio cadendo da Ivanov, ma Giovanni Atzeni pennella un San Martino perfetto e esce secondo, dietro a Gingillo. Davanti al palco delle comparse cade la Civetta e Bighino — sbilanciatosi nel proseguire il ‘servizio’ alla Lupa — gli rovina sopra. Al Casato arrivano Bruco, Oca e Drago; Gingillo fa volare Lampante tanto da avere già un certo vantaggio, ma inspiegabilmente stringe troppo la traiettoria e sbatte violentemente nel colonnino, tanto da sradicare il bandierino. Rovina per terra, lasciando all’accoppiata di Fontebranda la via spianata. Da qui in poi, quella di Tittìa e Mississippi è una galoppata trionfale; l’Oca vola sul tufo, dietro ci prova il Drago, dove Alessio Migheli ‘romba’ senza sosta e sceglie buone traiettorie, ma non riesce a liberarsi dello scosso del Bruco che fa da ‘tappo’. 
    Giovannino Atzeni mette in Piazza la freddezza e la determinazione che lo avevano portato già al trionfo, gestisce il cavallo senza problemi, senza rischiare e sempre in totale controllo. Dietro si affannano, Girolamo spinge finché può, Trecciolino dimostra — suo malgrado — il poco motore di Miguel, Fais scivola al terzo San Martino e lascia scosso anche Elfo, Scompiglio può solo restare lontano.
    Di fatto, la Carriera si decide in un primo giro in cui palpitano tante e diverse emozioni, il resto è cronaca. L’Oca incide, così, il secondo sigillo del ventunesimo secolo, a soli quattro anni dalla vittoria del 2007, Giovanni Atzeni si conferma e diventa grande e il cencio tricolore dedicato all’Unità d’Italia scende in Fontebranda. Ha vinto l’Oca.
     
    «La vittoria inattesa
    è sempre la più bella»
    Il popolo dell’Oca festeggia il suo 64° trionfo
    «Abbiamo patito poco e goduto tanto»
    SI ABBRACCIANO, baciano, piangono. Quasi fossero decenni dall’ultima vittoria, invece è solo dal 2 luglio 2007, sempre con Tittia tra l’altro. Ma l’emozione è nuova, anzi si rinnova e, come dice qualcuno, «l’ultima è sempre la più bella». «Fra di noi magari discutiamo tanto, ma questo è un rione intero che vince e si stringe», ecco il commento più lampante, più sentito, forse anche più significativo. A Provenzano è un fiume di ocaioli, si conoscono tutti, una grande famiglia, grandissima, nel numero e nell’unione.
    «Magistrale», è il primo commento: a proferirlo è la signora Gianna, ma poteva essere, e lo sarà, di chiunque, del popolo intero che dopo aver lasciato piazza del Campo si ritrova in Provenzano. «Sono eternamente soddisfatta — continua Gianna — mio figlio è monturato, un’emozione ancora più grande. Me lo sono proprio goduto, uno dei Pali più belli». 
    E di qui in poi è un coro, fermo restando che ognuno lo vive a modo suo, ma sempre in termini meravigliosi: «Com’é? Bello come tutti i Pali, ma più bello di tutti i Pali — dice Pietro Pallini—. Questo non me lo aspettavo proprio, né sentivo qualcosa di particolare. Poi, si è patito il giusto e goduto molto. E tanta sarà la festa, da ora in poi». «Un Palio bellissimo, non ci si aspettava — parte così Laura Pierini, voce tremante, non per la paura, solo per l’emozione —. Ma noi siamo da poche chiacchiere e tanti fatti. Poi ogni Palio ha la sua storia ed è sempre più bella».
    Tante le voci, tutte tremanti: c’è chi non ce la fa, chi prende fiato, chi si sente appagato da un pur sempre significativo «non ci sono parole». «Una vittoria meravigliosa, frutto di un grande fantino, freddo e fermo alla mossa. Stupendo Tittia» dice Cesare Brogi. «Senza parole — commentano in coro, con un sorriso che non tradisce, Brenda e Sara — Questa la vittoria forse più inattesa. Abbiamo solo goduto a questo giro». 
    «Non ho visto niente, tanto veloce è stato. Lì non ci si rende nemmeno conto. Poi è partito l’urlo di tutti: ‘oca’ e di lì il corteo. E io con gli altri» racconta Mary Lachi. 
    Federica Zagordo sembra non avere la forza per parlare, invece è la consapevolezza che quanto dirà non sarà sufficiente: «Se non si vive non si può sapere cosa significhi correre e vincere il Palio — Federica si scioglie e le frasi escono da sole —. Finché non lo vedo entrare in chiesa non ci credo, però già lo sento, ho qualcosa qui dentro che non ha un nome, ma un senso, una sensazione sì».
    Passa il tempo, i minuti e la realtà diventa più vera, come i commenti si fanno più storici e coscienti: arriva la consapevolezza di quel 64esimo trionfo. «Ora siamo solo felici — dice la signora Iosella —. ‘Ci s’ha’ più pali di tutti ma non ci bastano mai. Siamo abituati ma mai appagati». «Un bel Palio — interviene d’impeto Sabatino Salvini — e ‘s’è purgato’ tutti, specialmente la Torre».
    Ecco anche qualche commento al cavallo, e a quello che era accaduto alla vigilia, alla botta presa e al rischio di non correre: «Già la sera sapevamo che Mississippi stava bene — dice Massimiliano Commari —. Potevamo esserci anche noi sul campo e lì la speranza c’è sempre. Oggi, anzi ora, l’emozione è indescrivibile, si sente, non si racconta. Ma forse si trasmette».
    Monica Costa ha in braccio il figlio Edoardo, che le sta raccontado quel che ha visto, che tutti hanno visto e che lui solo sente: «Un Palio fantastico — dice mamma Monica e Edoardo conferma —. Ogni vittoria è diversa dalle altre e più bella allo stesso tempo. Ma sotto una bandiera si nasce, la contrada è nel dna e tu gioisci con lei».
    «Stupenda carriera, veloce e perfetta, Vinciamo tanto ma non ci si abitua mai. Questo è il trionfo di un grande fantino, un grande cavallo e una grande Contrada. Grandi tutti», dice, infine, Nora.
    Il popolo di Fontebranda invade le vie, le piazze, cresce a vista d’occhio: corre e ricorre. La festa è sua, solo sua. Inizia la sera, una sera molto lunga, che sfianca e rafforza. Sono giovani, giovanissimi e meno giovani, mamme e babbi, ma anche nonni e nonne: la contrada non ha età e la bandiera non sente il peso degli anni, come la sera non sente la fatica di quel che deve ancora venire di lì a poco e per molte ore probabilmente ancora. La notte è piccola, troppo piccola, troppo breve per soddisfare chi vince, è abituato a vincere ma già pronto alla prossima sfida.
    Paola Tomassoni
     
    IL FANTINO
    Tittia, l’erede di Aceto «La lezione è servita»
    di KATIUSCIA VASELLI
    FREDDO come il nome del vento che porta da quando ha debuttato in piazza, Tittia ha conquistato con magistrale determinazione la sua seconda vittoria, sull’esordiente Mississippi. In una Carriera fino in fondo giocata sulla cabala del numero 7, dai cavalli sul Drappellone, all’assegnazione, alla trifora fino al posto al canape.
    Cominciamo ad analizzare la corsa, dalla mossa. Tra l’altro molto veloce, te lo aspettavi?
    «Sì, ormai in questi anni ho imparato a studiare i fantini e mi aspettavo che sarebbe stata una mossa veloce. Il settimo posto non era certo straordinario, sono partito nel gruppone, tutti insieme. Al primo San Martino sono arrivato con altre 4 o 5 contrade, mi sono buttato dentro all’inseguimento del Bruco».
    Determinante per la vittoria è stato proprio il primo Casato per te, proprio dove sei caduto per la prova…
    «Ho visto che Lampante si buttava, quindi ho aspettato, tenendo gli occhi bene aperti vista la prova di mattina quando sono caduto al Casato ed è andata. Devo dire grazie a Mississippi, un cavallo molto intelligente, la caduta è servita di lezione perché lui è stato molto più attento. Ammetto che dopo il brutto scherzo che mi aveva fatto ero prevenuto».
    All’uscita dal secondo San Martino ti sei visto davanti lo scosso della Civetta che stava tornando indietro. Hai avuto paura?
    «Per un attimo sì ma sono riuscito a mantenere la lucidità e ho studiato la traiettoria».
    A proposito della caduta durante la prova di mattina del 1 luglio: si era parlato tanto dell’Oca che era partita col favore dei pronostici poi però quella caduta aveva portato mille voci sul fatto che ti eri fatto male e che l’accoppiata di Fontebranda avesse accusato il colpo al colonnino del Casato…
    «L’altra mattina non so cosa sia successo ma davvero è servito di lezione. Nessuno si era fatto male, ero tranquillo».
    Mississippi, cavallo esordiente. Come è cresciuto il feeling in questi giorni data anche l’impossibilità di provarlo in Piazza?
    «Il cavallo è migliorato tantissimo in questi giorni, lo avevo seguito durante la provincia ed è notevolmente cresciuto. Questo è merito della stalla che ha fatto la differenza, anzi un capolavoro. Esordiente, sì, ma io sono ancora giovane e con tanta voglia di vincere; sono abituato comunque a essere determinato e a crederci sempre, anche quando monto cavalli non competitivi. e lui, poi, è davvero molto intelligente».
    Questa per te è stata una vittoria importante, quella della conferma, dopo qualche anno poco positivo…
    «Ho fatto tanti errori e sono anche parecchio permaloso, sono stato molto male di certe situazioni. così ho lavorato molto senza lasciare nulla al caso».
    E una Contrada alle spalle che ti ha dato sempre fiducia…
    «Meravigliosa, l’Oca. Mi confronto sempre su tutto con la dirigenza, loro mi seguono sempre ovunque».
    La storia di Fontebranda si ripete con te, potresti essere l’erede di Aceto?
    «Speriamo!».
    A chi dedichi questa vittoria?
    «A tutta Fontebranda e anche alle persone che non ci sono più e da cui ho imparato molto».

    MARCO BARTALI LODA TITTIA E LA DETERMINAZIONE DELLO STAFF

     
    «Una vittoria per mio padre Enzo Ma anche per Foffo e Giulio»
    di LAURA VALDESI 
    SUDATO. Gli occhi lucidi e la voglia di abbracciare tutti. Come un grande padre di famiglia che vuole far capire ai suoi ragazzi che «si fa così». Questa è l’Oca che piace al capitano Marco Bartali. Ora vittorioso. E capace di riportare nel rione, al suono della campanina, anche chi, per ragioni diverse, si era defilato. «Mi sento in coma, ma di gioia. Un’overdose di gioia», racconta questo uomo silenzioso e a tratti un po’ ruvido. Che, finalmente, si è lasciato andare. 
    Un Palio vinto alla zitta, come sempre fa Fontebranda. 
    «Era un cavallo nuovo, Mississippi, abbiamo visto però che aveva delle qualità. Sono quei Palii che ci piacciono». 
    Ossia?
    «Non particolarmente eclatanti, senza esposizioni. Giovanni è stato un grande fantino e professionista, ha letto la corsa in modo mirabile. E poi la stalla… credo che i risultati sono sotto gli occhi di tutti. E poi un Palio per noi, per tutto il popolo di Fontebranda. Credo che dopo quest’annata ce lo siamo meritati».
    Dopo la botta al Casato nella quarta prova non è stato facile. 
    «Giovanni è stato bravo. Le prove servono per conoscere i cavalli nuovi». 
    L’Oca vince sempre a luglio.
    «Se dobbiamo firmare, va bene così». 
    Una dedica?
    «Allargata. La prima al babbo (occhi lucidi, ndr), Enzo, la seconda a Foffo (Montigiani, ndr), la terza per Giulio Ganfini che ci ha lasciato il giorno della festa titolare. Una dedica dobbiamo farla a noi stessi, ai ragazzi che mi hanno sopportato svolgendo un grande lavoro di costruzione, ai mangini, alla stalla». 
    «E’ la mia seconda vittoria, c’ero anche con Foffo nel 2007», racconta uno dei tenenti, Alessandro Falorni dopo aver abbracciato il capitano e i colleghi Eugenio De Napoli e Maurizio Tozzi. «Vittorie diverse ma simili perché c’è la stessa determinazione e voglia di vincere. E’ stato costruito un Palio alla zitta sapendo che il cavallo migliorava e che Giovanni ci credeva e aveva la testa giusta. Quando è così riesce a fare delle imprese». Sul successo del cavallo che aveva impressionato per il colpo al Casato, taglia corto: «Il modo migliore per dire che il Palio è bello perché fatto di tante chiacchiere anche se, alla fine, contano i fatti. E noi sapevamo che sia il cavallo che il fantino erano usciti indenni da quella situazione. Non c’era stato alcun problema. Eravamo convinti di fare il Palio». Niente voti, semmai una dedica: «Al babbo che ha vinto due Palii da mangini, così l’ho eguagliato, poi a Foffo perché ci ha insegnato tante cose. Spero veda che, forse, qualcosa ci riesce. La vittoria è dedicata poi a Giulio Ganfini e ai ragazzi di 20 anni che hanno bisogno di un’estate di divertimento. Siamo contenti di avergliela data». 
     
    IL GOVERNATORE E IL VICARIO GENERALE
    «Nell’Unità d’Italia il segno del nostro destino»
    di GUIDO DE LEO
    «SI SENTIVANO un po’ di voci sulla nostra accoppiata e sulle condizioni di Giovanni e di Mississipi. Si solo rivelate solamente tali, ma a noi andava bene che girassero. Eravamo convinti della nostra forza e di poter fare un palio importante». 
    Così Enrico Toti, Vicario Generale della Contrada di Fontebranda, esperto d’arte e Conservatore del Santa Maria della Scala.
    «Da appassionato di arte, visto che organizzo e curo personalmente molte mostre, definirei questa carriera come un eccezionale capolavoro. Merito di tutti, di una contrada che è stata sempre unita e vicina, spingendoci verso la vittoria. Avevamo come sempre grandissima fiducia in Giovanni, che è stato eccezionale. Sta proseguendo nella grandissima tradizione dei fantini di Fontebranda. Il cavallo, essendo esordiente poteva rappresentare più incognite. Ha fatto però una corsa eccezionale, incredibile». 
    Infine una dedica, ovvia tanto quanto doverosa. 
    «La dedica va a tutta la Contrada. Ha vinto l’Oca e il suo meraviglioso popolo». Naturalmente dello stesso umore il Governatore Giuliano Manganelli (nella foto con il capitano Bartali). 
    «UNA VITTORIA importante, che giunge a breve distanza dalla precedente — sottolinea visibilmente emozionato Manganelli — e ci consolida ancora di più, se ce ne fosse stato bisogno. La contrada è sempre stata encomiabile manifestando passione e unità d’intenti totale tra il popolo. I nostri tanti giovani ci sono di spinta». Una vittoria magari leggermente inaspettata, forse, ma per questo ancora più bella. 
    «NON AVEVO sensazioni particolari. Solo quella di fare tre giri alla grande e poi vedere come sarebbero andate le cose e dove sarebbe stata l’Oca. Devo ammettere che la settima posizione al canape era un handicap non indifferente, ma il fantino è stato eccezionale. Del resto Tittia è Tittia. C’è poco da aggiungere sulle sue straordinarie capacità. Una dedica particolare? In questo momento sono così emozionato che non me ne vengono in mente», ammette commosso e sincero.
    QUESTA È, infine, una vittoria in una ricorrenza significativa a dir poco per l’intera nazione.
    «Era probabilmente destino che nell’anno del 150°anniversario dell’Unità d’Italia vincessimo noi come allora, nel 1861 (quella carriera si svolge il 2 giungo e fu vinta dal fantino Pietro Locchi detto Paolaccino, ndr). Avevo notato una certa somiglianza tra la Madonna dipinta in quel drappellone e quella di quello di quest’anno. Evidentemente era un segno del destino».
     
    «E’ il Panezio degli anni 2000»
    Walter Montigiani: «Abbiamo subito cancellato la quarta prova»
    di LAURA VALDESI
    «E’ IL PANEZIO degli anni 2000. Mi è sempre stato raccontato che il campione era tranquillo, quando era nella stalla e al prato. Ma se entrava in Piazza si trasformava. Mississippi ha fatto la stessa cosa», racconta Walter Montigiani. Barbaresco già vittorioso nel 2007, profondo conoscitore di cavalli, è rimasto impressionato dal baio Mississippi che è allenato da Gingillo. In carriera vanta un palio vinto a Fucecchio con Salasso, belle prestazioni in provincia dove ha vinto. E convinto. Nel 2010 sembrava dovesse debuttare, poi c’era chi aveva puntato il dito sul suo carattere pepato, archiviandolo momentaneamente per la Piazza. E invece ha smentito tutti. «Sono stati quattro giorni importantissimi nei quali abbiamo lavorato anche perché le prove non si sono potute fare. L’infortunio nella quarta? Valutato solo come un episodio. Ossia scartato e cancellato». 
    Bravi a superare l’impatto della caduta nella prova. 
    «C’abbiamo sempre creduto, nel cavallo. Quello è stato un episodio e basta. Ripartiamo da quanto costruito fino ad ora, abbiamo detto. E’ stato bravo Giovanni, con lui il veterinario e il maniscalco. E tutta la stalla. Complimenti ai preparatori di questo cavallo, ai proprietari che hanno portato in Piazza un cavallo sano. 
    Il proprietario è della Torre.
    «Osvaldo Costa è un amico… (sospira, ndr) non so che dire». 
    A chi dedichi la vittoria? 
    «Al babbo, Foffo, e a Giulio Ganfini, morto in un incidente il giorno della festa titolare». 
    Avevi fatto un voto. 
    «No. Ci guardiamo negli occhi e diciamo: ’S’è fatto tutto quello che si poteva per vincere». 
    Mississippi è diventato un bombolone. 
    «Un buon cavallo che va saputo prendere». 
    Una cosa che ti è piaciuta di lui? 
    «E’ calmissimo. Abbiamo detto ’ma dove si va con questo?’ E invece…»
     
     
    INFORTUNI
    Gingillo in ospedale per una frattura: travolto dai cavalli
    ANTONIO VILLELLA, il fantino della Chiocciola rimasto ferito nella quarta prova su Messi, è stato dimesso dall’ospedale ed è tornato a casa dove si è guardato il Palio. In ospedale alle Scotte c’è finito invece Gingillo, fantino del Bruco. Portato al pronto soccorso in ambulanza, ha riportato una seria frattura (sulle prime si era parlato del femore ma gli accertamenti ieri sera erano ancora in corso) e di altre contusioni. Oggi si conoscerà l’esito degli esami. Nessun problema per Giosuè Carboni della Tartuca, che è tornato in Contrada da sè. Solo un lieve indolenzimento a una spalla per Brio ed escoriazioni dovute alla terribile scivolata davanti al Comune. Tutto ok. Nessun problema anche per Vittorio. Diversi gli interventi effettuati in Piazza — 9 ma tutti trattati sul posto — mentre nell’anello esterno l’episodio più grave è stato un malore, in piazza Tolomei. 
    Nessun problema per i cinque cavalli scossi, anche quello della Civetta aveva solo qualche escoriazione. Incredibile il successo di Mississippi: dopo la botta al Casato che ha disarcionato Tittia, si erano sparse voci incontrollate che sono state messe del tutto a tacere dalla splendida Carriera dell’accoppiata.
     
    Guardiola dal Camp Nou al tufo
    Fra i personaggi ospiti per la Festa il mister del Barcellona e l’artista Milo Manara
    di ANTONELLA LEONCINI
    «I CAVALLI corrono, non cedono. Il Palio entusiasma ma il Pathos non allenta, è un Eros continuo». Ecco come Milo Manara, autore di fumetti molto sensuali famoso nel mondo, interpreta la nostra corsa. Ospite della Fondazione Mps, a Palazzo Sansedoni si è incrociato con Ezio Greggio che, altro invitato, ha tenuta alta l’atmosfera. Full immersion per gli ospiti di Banca Mps nel Palio. Week end senese per Antonio Conte allenatore Fc Juventus che il primo luglio ha cenato nella contrada dell’Oca. Banca Mps ha accolto il ministro delle infrastrutture Altero Matteoli. E’ stato un Palio che ha tenuto alta l’attenzione degli appassionati di calcio. Mentre Conte parlava con il presidente Giuseppe Mussari, anche il sindaco Franco Ceccuzzi aveva il suo mister: Josep Guardiola, allenatore del Barcellona Calcio, ospite del Comune. Con lui, fra gli altri, sono arrivati in Palazzo, il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, l’ambasciatore Corea presso la Santa Sede Dong Kim, il vice ambasciatore Duglas Hengel Usa, l’ambasciatore di Corea Kim Young Seok, il consigliere culturale dell’Ambasciata di Francia Jean Mare Sèrè Cherlet, altri invitati. 
    Banca Mps ha convinto il gotha bancario a incontrarsi per questo Palio. Fra gli ospiti: Giorgio Guerrini presidente Rete Imprese Italia, Renato Pagliaro ad Mediobanca, Antonio Patuelli vicepresidente vicario Abi, Camillo Venesio presidente Comitato Piccole Banche Abi. A qualche metro di distanza, Andrea Ceccherini presidente dell’Osservatorio permanente Giovani Editori. Per il resto, e come sempre, l’attenzione è stata anche per le attrici, attori, nomi di spettacolo che si aggiudicano un capitolo della cronaca paliesca. Scomparsa Sarah Jessica Parker che, dopo una toccata e fuga a Siena, non è rimasta per la carriera, i flash sono stati per John Lasseter, il «nuovo» Walt Disney, fondatore della Pixar. Hanno avuto la loro finestra, le showgirl, le gemelle Laura e Silvia Squizzato, che hanno assistito alla corsa con l’attore Luigi Lo Cascio. A dispetto di polemiche, le minacce di Giove Pluvio ed altro, un merito questo Palio lo ha avuto. In un giorno in cui l’attenzione era per l’altro matrimonio dell’anno, dopo quello inglese di Harry e Kate, il sì nel Principato di Monaco fra il principe Alberto e la sua Charlene, anche Siena, si è conquistata con i suoi ospiti Vip un po’ di giusta attenzione dalla cronaca mondana.


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    Era tutto nel Cencio

    Nel Palio dell'Unità c'era scritto Oca.


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    Un Palio al buio

    Provaccia in ritardo, va alla Tartuca – Giosuè Carboni sarà Carburo – 
    Diretta Rai 2 dalle 17.30Streaming Siena Tv (occorre Silverlight)
    Streaming CTPS dalle 17Le prove

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    Le spigolature di oggi da La Nazione:

    Sgaibarre: Mio nonno ‘35’ mi ha salvato Ma non ricordo nulla
    Il fantino: Mi dispiace tanto per la Chiocciola per Messi e per la città
    Mai avuto in passato altri incidenti come questo
     
    di LAURA VALDESI
    GRANDINA. Chicchi grossi come uva che, battendo sulle finestre, tengono svegli i malati del reparto di Medicina d’urgenza delle Scotte, sopra il pronto soccorso. Ma il paziente del letto numero 11 non c’è. «Eppure deve stare fermo», lamentano gli infermieri. Qualche minuto e arriva, Sgaibarre, insieme agli amici più cari. Fino a poco prima c’era anche sua madre. «Non riesco a stare fermo, sono addolorato», dice prima di stendersi nel letto. Ha un braccio appeso al collo «ma solo per una botta al gomito, li ho pregati di sostenermelo. Niente frattura. Poi ho un graffio profondo alla gamba destra (già medicato, ndr), un po’ di escoriazioni alla schiena. Più un piccolo ematoma alla testa ma il peggio è scongiurato. Mi faranno un’altra tac, per sicurezza, ma domattina (oggi, ndr) firmo e vado via. A casa». I medici lo invitano a frenare: loro pensano di trattenerlo qualche giorno in osservazione. Ogni tanto tocca il numero 35 che porta al collo. E che, nel dramma, gli ha portato fortuna: «Era il soprannome di mio nonno Alberto, 35, questa (tira fuori la medaglia, ndr) ha corso 11 Carriere. Sempre con me. Ora la rimetterò sulla tomba del nonno, la persona che mi ha avvicinato ai cavalli. E se ricorrerò il Palio andrò a riprenderla». 
    Messi che cavallino era?
    «Forse un po’ inesperto ma un bravo cavallo».
    L’avevi visto nel circuito del Comune?
    «Sì, a Monteroni. Era sempre andato abbastanza bene. Positivo». 
    Quando la Chiocciola ti ha chiamato per montarci?
    «Ero contento perché volevo correre il Palio, sono andato volentieri in San Marco per scoprire un cavallo ancora sconosciuto in Piazza».
    L’approccio?
    «Mi ha dato qualche problema al canape la seconda e la terza prova, ai debuttanti, è normale, serve farle per capire bene dove galoppare. E invece (sospira, ndr) ci siamo fermati prima». 
    Cosa è accaduto a San Martino?
    «Ora ho preso questa botta, mi sè offuscato il ricordo. Non rammento. Devo guardare i filmati». 
    Ti sei accorto di andare contro il bandierino?
    «Dopo il Casato, quando è caduto Tittia, io ero dietro, sono riuscito a passare in mezzo mentre la Civetta l’ha travolto. Ho sentito che il cavallino si è irrigidito ma siamo arrivati a San Martino, pensavo di fare una traiettoria normale. Poi non ricordo, potrei sbagliare».
    Rammenti il volo in aria?
    «No, assolutamente. Penso di aver perso conoscenza lì, rammento il pezzo del cuoio… una botta grossa, poi il buio. E mi sono risvegliato». 
    Con il capitano della Chiocciola hai parlato?
    «Non ancora, solo con i mangini. Parleremo con calma più avanti».
    Quando hai saputo di Messi?
    «Un mio amico ha sentito la notizia, che era morto nel viaggio. Messi si faceva volere bene, era un cavallino bravo, bravo». 
    E’ di Gingillo: ci avevi parlato?
    «No, non si possono dare vantaggi ad un altro che ha un cavallo da corsa». 
    Cosa ti senti di dire alla Chiocciola e alla città?
    «Che non è giusto che accadano queste cose, mi dispiace tanto per la Chiocciola, per la città, per il cavallo. Non so ora le conseguenze ma il dispiacere è tanto per uno che vive con gli equini da quando è nato. E’ morto un cavallo che montavo, c’ero io sopra… questa non è politica questa è vita mia (gli occhi si fanno lucidi, ndr)».
    E’ la prima volta che ti accade?
    «La prima. Mai in ippodromo, mai in altre corse, anche prima». 
    Per te era un Palio importante?
    «Di svolta, ci credevo anche. Avevo bisogno di una gioia e di dare gioia, questa proprio non ci voleva». 
    C’è un’inchiesta della magistratura: che succede?
    «Non ne ho idea». 
    Reitano ha parlato anche di errore umano. 
    «Se l’errore è stato mio, di qualcun altro, del cavallo, il risultato non cambia. Questo il problema. Se ci vado di mezzo io, te o un altro non cambia nulla». 
    Guarderai il Palio?
    «No, non ho voglia». 
    Ma ci tornerai?
    «Faccio il fantino. Però questa non ci voleva…»
    Come si sente un fantino al quale muore il cavallo?
    «Come un pilota che fa il Gran Premio e a cui si rompe la macchina. Ti manca un compagno. Un caro compagno».
     
     
    SEQUENZA DRAMMATICA
    Capriola in aria di Villella: come un burattino di pezza Subito soccorso il barbero


    «SIAMO DENTRO a un incubo. Troppa sfortuna, per la Chiocciola. Prima Brento, nel luglio 2007: non corremmo il Palio ma il cavallo, quella volta, si riprese e ad agosto vinse. Adesso Messi non c’è più. Non ci resta che organizzare un treno per Lourdes». Sfogo amaro di un chiocciolino che fotografa il sentimento dell’intera Contrada dopo l’infortunio e il dramma di ieri mattina, durante la quarta prova: il fantino Sgaibarre è finito in ospedale, salvo per miracolo, il cavallino Messie della scuderia di Gingillo non ce l’ha fatta. Sequenza incredibile. L’ordine al canape mette accanto Istrice e Lupa. Gli occhi, ancora assonnati, sono tutti per le schermaglie tra le due rivali. Un balletto che comporta fischi dal palco di Camollia quando Vittorio su Elfo, fantino di Vallerozzi, alza la mano. Il mossiere li manda fuori, poi ancora dentro fra i canapi. Sono passate da poco le 9. Trecciolino su Miguel (Pantera), di rincorsa, entra. E i cavalli vanno via. La terza prova era saltata per la pioggia, i cavalli debuttanti dovevano allungare e sperimentare traiettorie. Si sapeva. Parte forte Bighino nell’Istrice, fa un Casato da brivido. Mai come quello di Tittia su Mississippi. Imposta la traiettoria, sempre al Casato, normalmente. Il cavallo però si butta allo steccato, all’improvviso. Sbatte, Tittia vola in terra, viene travolto. Ma si rialza e, più tardi, rientra tranquillamente in Fontebranda con cavallo e dirigenza. Mentre gli spettatori seguono la caduta rocambolesca dell’Oca, un «oh!» si leva da San Martino. Il bandierino spezzato, Sgaibarre vola in aria facendo una capriola come fosse un burattino di pezza. Atterra e resta fermo sul tufo, contratto. Privo di sensi. Messi continua a correre fino al Casato: è infortunato. Lo blocca subito il veterinario della clinica del Ceppo Raffaello Ciampoli, le altre accoppiate sfilano, la Piazza urla. Il baio viene portato verso l’imbocco di via Duprè dove arriva la biga attrezzata del Comune per portarlo alla clinica. Qualcue turista cerca di riprendere la scena. Vengono invitati senza mezzi termini ad allontanarsi. Sembra che Messi abbia una contusione alla spalla, tiene sollevato l’anteriore destro. Più tardi la nota del Comune: «Per un’errata traiettoria nella curva ha urtato violentemente. Immediatamente soccorso e trasferito alla clinica il cavallo, nonostante le immediate cure del caso, veniva a morte presumibilmente per shock cardiocircolatorio». Scene di disperazione in San Marco, poi tristezza. Alle 12 capitano e priore in Comune dal sindaco dove ricevono senso di vicinanza e rispetto per il dolore. Ieri sera i chiocciolini hanno deciso di cenare tutti insieme per sentirsi più uniti 
    La.Valde.

     

    Reitano: 
    «C’E’ STATO un errore del fantino oppure un’incomprensione del binomio barbero-fantino». E’ la prima ricostruzione a caldo dell’infortunio di Messi svolta dal veterinario comunale, il colonnello Marco Reitano, in tarda mattinata. Quando il dolore nella Chiocciola è già denso. E il lutto comunicato alla Contrada. «Il cavallo Messi, che abbiamo visto tutti urtare violentemente nella curva di San Martino, tra l’altro affrontata a una discreta velocità, ha sbattuto contro il colonnino. All’inizio — spiega Reitano — sembrava che si trattasse di una lesione significativa a carico dell’arto anteriore destro perché il cavallo non riusciva ad appoggiare la zampa. Poi invece è stato prontamente soccorso e trasportato alla clinica del Ceppo. Mentre arrivava è deceduto. Pensiamo a un collasso cardiocircolatorio conseguente a un grave trauma toracico. In pratica ciò che accade a un automobilista quando urta violentemente contro lo sterzo per cui sembra che non ci siano fratture macroscopiche, facili da rilevare». Reitano annuncia «ulteriori accertamenti voluti dal Comune per poter dire ufficialmente quale è la causa della morte». Il colonnello si sofferma anche sul percorso di addestramento compiuto da Messi in provincia. «Era piaciuto molto il cavallo sia alla commissione veterinaria che ai capitani, si era già messo in luce nel 2010 per una buona attitudine. Adesso gli era stato chiesto un serio impegno in Piazza e lo aveva garantito, forse fra i migliori cavalli visti la notte. Alla Tratta è stato scelto: un cavallo con tutte le carte in regola, compresa l’età. Sei anni, quella più rappresentata nel parco mezzosangue di Siena. Sono bacino forte di riserva del Palio». Ipotizza che l’infortunio sia legato ad un errore «umano. Non eravamo neanche al Palio, non è neppure ipotizzabile un livello emotivo e adrenalinico eccessivo. Era una prova del mattino, ben fatta. Perché l’Istrice ha aperto i giochi in modo importante. Il cavallo è stato un pochino nel gruppo per il primo giro, poi toccava a lui provare. Evidentemente c’è stato un errore del fantino o un’incomprensione del binomio. A questi livelli, nei quali è richiesta una prestazione abbastanza importante al binomio, l’incidente da errore umano o appunto del binomio può capitare in tutte le specialità ippiche ed equestri. Certo, è frustrante per tutti noi che lavoriamo per il bene e la tutela del cavallo vedere vanificato dall’errore occasionale umano ciò che si fa». Il colonnello Reitano annuncia infine altre verifiche: «Quanto detto è frutto di deduzioni immediate, l’esame autoptico nel cavallo ha i suoi tempi e le sue procedure, non so chi lo effettuerà. Si parlava dell’Istituto zooprofilattico, so che la procura ha già in mano la questione. Il Comune, dal canto suo, ha tutto l’interesse di fare piena luce e trasparenza nella gestione di questo caso». 
    Ricapitolando. «Il fantino voleva effettuare una prova efficace. Il cavallo ha affrontato San Martino, iniziando una curva in modo corretto ma poi è stata stretta, eccessivamente. E il cavallo ha urtato non con la spalla contro il colonnino, ma addirittura con il petto. Tra punta della spalla e petto, producendosi un forte trauma toracico. Che era anche a carico dell’arto inferiore ma è stato, ad un esame preliminare, accertato che non ci siano fratture macroscopiche. Quindi si è trattato di un trauma toracico che ha portato ad uno scompenso cardiaco esattamente come avviene negli incidenti di auto. Nonostante un soccorso a tempo di record — rivendica — che rientra nelle consuetudini dell’organizzazione senese e un trasporto avvenuto entro i 10 minuti successivi al trauma, il cavallo non ha raggiunto il Ceppo».
    La.Valde.
     
     
    «LA TUTELA e la valorizzazione di una manifestazione secolare che si effettua senza soluzione di continuità dal 1632 e di cui abbiamo documentazione fino all’anno 1238, appartiene innanzitutto alla città che la esprime, la fa vivere e la farà sempre vivere giorno dopo giorno, ma è anche un valore ed un patrimonio di tutta la nazione», difesa a 360 gradi del Palio da parte del sindaco Franco Ceccuzzi, che ieri sera è uscito con il suo commento all’incidente della mattinata. «E’ compito di tutte le istituzioni italiane rispettare e difendere la Festa senese — continua Ceccuzzi —, così come ogni manifestazione che esprima la cultura, la storia, le tradizioni, la socialità dei nostri territori. L’intimità del Palio non può essere violata. La sua capacità di adattamento ai tempi è sempre stata tale da riuscire a porre in essere tutti gli accorgimenti necessari a garantire il rispetto e la tutela di ogni essere vivente. Con grande serietà, con abnegazione, tutte le amministrazioni comunali che si sono succedute hanno profuso grande impegno per migliorare la sicurezza dei cavalli e dei fantini. Il Palio non è una competizione, è una metafora della vita e come tale può restare vittima della fatalità che colpisce, anche in modo crudele, chi si prodiga con impegno e con affetto per prevenire ogni incidente. Un’attenzione presente in tutte le fasi della Festa perché l’amore dei senesi per il cavallo vive nel cuore di ogni contradaiolo. Siamo profondamente affranti per la morte del cavallo Messi e siamo vicini alla Contrada della Chiocciola colpita da questo triste e imponderabile evento».
    Ma la difesa esce anche da Siena. «Può sembrare strano che lo dica un fiorentino, ma il Palio di Siena è una bellissima tradizione che consente a quella città di essere ben governata e l’attenzione che c’è a Siena per i cavalli non c’è da altre parti. Sono assolutamente solidale con il sindaco Ceccuzzi», così, a margine di un seminario del Pd, il sindaco di Firenze Matteo Renzi commenta l’incidente.
    E non è il solo, pur estraneo, ad esprimersi a favore del Palio. «E’ stata una fatalità, ed è imbarazzante dover assistere all’ennesima levata di scudi polemica di chi tenta oramai da anni di far chiudere l’esperienza del Palio», questa volta a scrivere è l’onorevole Luca Sani (Pd), membro della XIII commissione Agricoltura della Camera. «I cavalli che le contrade utilizzano — dice ancora l’onorevole Sani — sono senza dubbio fra gli animali più accuditi e curati nell’intero Paese. Purtroppo incidenti di questo tipo sono sempre possibili. Penso che si giochi su tutt’altro terreno la partita fondamentale del benessere degli animali, a partire dai controlli sulle condizioni degli allevamenti intensivi».

     

    IL PENSIONARIO DEI CAVALLI
    La storia di Quimper E’ da 17 anni al Caggio
     
    di LAURA VALDESI
    E POI DICONO che a Siena i cavalli vengono maltrattati. Ci vuole coraggio ad affermarlo. I fatti raccontano il contrario. La storia del vecchio Quimper — classe 1989, dunque 22 anni suonati e un Palio corso nell’Onda — parla da sola. «Tutto sommato sta bene, vista l’età. E’ arrivato al pensionario voluto dal Comune il 13 maggio 1994, dopo il mitico Rimini, che fu il primo nel novembre ’91, quindi toccò a Nicoleo e Ogiva. Sono morti tutti e tre, Quimper è dunque l’ospite più anziano», racconta Fabrizio Leonardelli del Corpo forestale dello Stato. E’ l’anima del Caggio, sin da quando venne inaugurata la struttura che rappresenta un fiore all’occhiello della Festa. Attivata quando ancora dell’ordinanza Martini e delle sue prescrizioni — meno stringenti rispetto alle nostre tutele — neppure si aveva la più pallida idea. Una struttura antesignana dove, attualmente, vivono 11 barberi. «Per fortuna ne arrivano sempre di meno, vuol dire che gli infortuni sono calati e si pone sempre maggiore attenzione alla salvaguardia degli animali», commenta Leonardelli che ha visto passare al Caggio, nel cuore del territorio di Radicondoli, 21 nomi, più o meno titolati, della Piazza. A proposito di vecchietti: se Quimper è il cavallo ospite da maggiore tempo al Caggio, Pegaso (corse nel Bruco con Il Pesse nel ’94) è l’animale anagraficamente più anziano: classe 1988! «Lasco Light e Rajana hanno qualche acciacco in più, forse perché sono state fattrici e hanno messo al mondo, rispettivamente, 6 e 4 puledri», aggiunge Leonardelli. Sì, perché al pensionario i cavalli recuperati dagli infortuni in Piazza riprendono una vita normale, anche sotto il profilo riproduttivo. Fra le altre ospiti divenute madri ci sono Vaniti Girl (Civetta 1999), poi Zullina (Nicchio 2001) e Ogiva (ora scomparsa), vittoriosa con Falchino nel Drago nel 1986. Insieme a loro vivono nello splendido scorcio di boschi e prati di Radicondoli anche Natorp, Lupo del Cimino, Altoprato, El diablos ed Elmizatopec. L’ultimo arrivato, Iesael della Civetta, si è spento dopo oltre un anno, nel settembre 2010. «Una struttura unica — aggiunge Leonardelli — perché qui i cavalli vengono controllati dal veterinario, mangiano, da aprile stanno al prato. Basta questo per ridonare loro vitalità dopo l’inverno. Con il pensionario c’è, come dire, una tracciabilità dei cavalli. Sono tutti qui, chiunque puo’ venire a vederli». Ricorda con affetto, poi, qualche paliata fatta con il veterinario Baglioni — ora degli 11 barberi si occupa Chiara Pepi — in groppa a Pegaso, Antico Moro e Nordico.
     
     
    E’ PIU’ CHE MAI, questo, il Palio delle incertezze. Anche dal punto di vista metereologico. 
    Una giornata come ieri, da dimenticare sotto ogni punto di vista, ha lasciato la tristezza e una pista tutta da sistemare: la grandine e la pioggia fortissima hanno costretto ad annullare la prova generale e messo a rischio anche le grandi cene nelle contrade, forse neppure la provaccia di questa mattina si correrà. Gli operai del Comune si sono immediatamente attivati per la sistemazione del tufo ma perché la pista sia perfetta per la corsa di stasera, c’è bisogno di un po’ di tempo e soprattutto di sole. Le previsioni per la giornata di oggi non sono certo gradevoli, tuttavia sembra lontano il rischio pioggia.
    Stando al meteo, infatti, questa Carriera di Provenzano si correrà sotto un cielo grigio, proprio come l’atmosfera che da ieri è calata sulla Festa. Eppure, poco prima del tramonto la città avrà incoronato un nuovo popolo vincitore per il quale inizierà un lungo periodo di festeggiamenti. 
    Tutto ricomincia secondo i ritmi fuori dal tempo, dalla messa del fantino di stamani alle 7.45. Dopo la provaccia (se si correrà) sarà poi il momento della segnatura dei fantini, in Comune.
    E così prenderà il via la giornata più lunga, quella dei contradaioli di vedere trasformato in realtà un sogno atteso.
    Il rituale paliesco, come sempre, si aprirà con la benedizione dei cavalli nei dieci oratori, alle 15.30, poi le comparse si avvieranno verso la prefettura da dove partiranno per il Corteo.
    Alle 16.30 il primo rintocco di Sunto, suono di bronzo che montale sentiva «cadere» dalla torre scandirà il primo battito del cuore di ogni contradaiolo col suo fare lento e solenne e il corteo farà il suo ingresso in Piazza. 
    Da quest’anno saranno rafforzate le misure di sicurezza anche per l’ingresso nella conchiglia da via dupré, ultima parte della Piazza che si chiude. 
    Alle 19.30 si corre il Palio e, come diceva silvio Gigli, «ogni legge tace quando si abbassa il canape».
    K.V.

     
    Quando ero piccino
    Generazioni a confronto per raccontare il Palio
     
    CONTRADAIOLI giovani e meno giovani, chi ha decine di Carriere alle spalle e chi di tufo ne dovrà calpestare ancora parecchio. Come vedono il Palio oggi, e come lo vedevano ieri. 
    «Sono andato in Piazza oltre quaranta volte, anzi di più», ci dice Paolo Burroni del Drago. E continua: «Il fazzoletto me l’ha regalato mio nonno quando sono nato, è ancora del vecchio tipo, triangolare e senza stemma, ci sono solo i nostri colori. Ha tanti anni ma lo uso ancora e lo indosso anche oggi». E’ vero che certe tradizioni sono senza tempo. Paolo Burroni quest’anno seguirà il Palio con i suoi nipoti, l’emozione di stare insieme.
    Anche per i giovani tramandare la passione di generazione in generazione è importante: «Io il Palio lo vivo col mio babbo — ci spiega Andrea Marzi, anche lui del Drago —, mi ci ha portato la prima volta, se andassi solo non sarebbe la stessa cosa. E a proposito del fazzoletto: anch’io porto quello che ho ricevuto al battesimo, di sicuro non lo cambierei mai con un altro». Lo spirito di contrada si è conservato intatto nel tempo, e lo si capisce proprio da questi dettagli. Poi ognuno, col suo carattere, lo vive in modo diverso. 
    «Io non aspetto altro che questi giorni, sono questi momenti che danno significato a tutto l’anno — cosìAlessandro Lotti, giovane contradaiolo del Bruco —, dormo 5 ore a notte ma nemmeno lo sento, non ho altri pensieri, come fossi fuori dal mondo. Mi accorgo di essere cresciuto col Palio quando penso che sono passato dalla Piazza al palco, in fondo un po’ sono ‘invecchiato’». 
    Il tempo passa, e i ricordi vanno di pari passo a un po’ di rammarico per com’era la Festa qualche decennio fa: «Innanzitutto c’era più rispetto fra contrade — racconta Antonio, detto ‘Il biondo’, mentre è all’opera nelle cucine della società L’Alba —, erano più libere nelle loro scelte e i fantini, quindi, lo erano meno». Quando chiediamo se ricordi qualche aneddoto, in particolare sulle tante Carriere vissute, ci parla di una furiosa scazzottata nel ’76 in Piazza Tolomei: «Le abbiamo date, ma le abbiamo anche prese. L’età mi ha insegnato che quando si fa a cazzotti e si vuole stare davanti finisce così. Chi racconta di aver sempre avuto la meglio, senza un graffio, dice bugie». 
    Anche chi è più giovane, però, sente di aver già vissuto sulla sua pelle momenti straordinari. Nicholas BruttiniSimone Cortonesi ricordano il trionfo della loro Civetta nel 2009: «La vittoria del Palio è stata bellissima — dice Nicholas —. Solo la gioia di chi nel ’45 ha letto della fine della Seconda guerra mondiale può essere paragonabile. Altro che mondiali di calcio, confronti così non si fanno nemmeno». E l’amico, Simone, aggiunge: «Dopo la vittoria siamo stati come in trance per 30 minuti, ero talmente contento che di quei momenti non ho ricordi precisi, solo tanta felicità». 
    Sono giovani, ma già sentono di avere tante Feste alle spalle: «Certo, prima era un po’ diverso: sentivo di più il senso di una ‘grande famiglia’, ora delusioni e successi si vivono anche in prima persona», dice Nicholas e Simone subito commenta: «Anche il rapporto con l’avversaria, quando le contrade erano più piccole, era più esasperato. Ora sono più grandi, e così si finisce per avere amici anche nel Leocorno». 
    Non è d’accordo Edda Atticciati, le tante Carriere alle sue spalle le fanno pensare l’opposto: «Una volta quando ci si prendeva a cazzotti, lo si faceva in maniera ‘buona’. Ora, invece, vedo troppo attrito tra le contrade». Ma la contradaiola della Lupa ha qualcosa da dire anche sulla corsa: «Ai miei tempi correvano i purosangue. Poi si è voluto equilibrare la giostra, e ora ci sono solo i mezzosangue».
    Che il Palio sia cambiato lo pensa anche Andrea Vitti nonostante la sua giovane età: «Secondo me nel corso degli anni è migliorato. Quand’ero piccolo non capivo assolutamente quanto fosse importante la Festa, e quindi mi divertivo sempre con gli amici — aggiunge il contradaiolo della Lupa —, ora che ho l’età della ragione se le cose vanno storte ci sto davvero male». 
    Riccardo Cavaliere
    Roberto Morelli

     
    Sarah Jessica Parker nel Campo
    La bella protagonista di ‘Sex And The City’ a passeggio in città con marito e figlie
     
    DA SEX AND The City a Siena, passando per Massa Marittima. Sarah Jessica Parker, la protagonista del serial cinematografico tutto glamour, bella vita, e di altre pellicole di successo, ha scelto Siena per lo shopping ed un viaggio di piacere. In vacanza in questi giorni con marito e figlie a Massa Marittima, la famosa attrice ne ha approfittato per una visita nella nostra città. Sorridente e gentile, ma anche molto attenta alla sua privacy e a non farsi sorprendere, non è comunque riuscita a passare inosservata. Entusiasta di questa full immersion nella nostra città, è atteso oggi un suo ritorno a Siena. 
    La lista dei personaggi conosciuti che questa sera vedranno la carriera si allunga di altri nomi eccellenti. Per il Palio anticipa il suo arrivo a Siena John Lasseter, da molti considerato il moderno Walt Disney, fondatore della Pixar e regista di alcune fra le più apprezzate pellicole di animazione degli ultimi anni. Oggi sarà ospite della Provincia di Siena, vigilia martedì 5 luglio del suo incontro Verso l’infinito e oltre, alla Facoltà di Scienze della comunicazione. 
    In Piazza del Campo, ci sarà Alessandro Di Pietro che, conduttore Rai Uno della trasmissione Occhio alla Spesa, sarà ospite della Fondazione Qualivita e del presidente del Consorzio della Cinta Senese Andrea D’Elci. Accolti da Banca Mps, invitati da Mauro Rosati, arriveranno Gilles Hennessy, azionista ed amministratore di Louis Vuitton Moët Hennessy, uno dei gruppi più importanti del luxury food e fashion, e sua moglie Luziah.
    Il Terra di Siena International Film Festival e Maria Pia Corbelli hanno chiamato tre nomi del grande cinema: l’attore Luigi Lo Cascio, vincitore del Nastro d’Argento per il miglior film 2011 ‘Noi credevamo’ di Mario Martone; le produttrici americane Eleonora Granata Jenkinson, vice-presidente di Turner Pictures e di Pandora Cinema, e Joyce Pierpoline, che ha recentemente prodotto il film Happy Tears, scritto e diretto dal regista canadese Mitchell Lichtenstein e interpretato da Demi Moore, Parker Posey, Rip Torn e Ellen Barkin. Eleonora Granata Jenkinson e Joyce Pierpoline saranno ospiti dell’Archivo di Stato. Luigi Lo Cascio, insieme alle showgirl le gemelle Laura e Silvia Squizzato, vedranno la carriera alle finestre di Angelo Giorgi.

    Antonella Leoncini